Gentile Avvocato,
vivo in un condominio di 10 piani, e il mio appartamento è sito all’ultimo piano, con anche il sottotetto. Abbiamo deciso di mettere il condizionatore, e lo abbiamo posizionato sul tetto del condominio, senza stare a dirlo a nessuno. Ovviamente è successa una rivoluzione e tutti i condomini adesso pretendono che io lo tolga perché dicono che limito il loro diritto sulla “parte comune”, ma nel regolamento del condominio non c’è mica scritto che non posso farlo. Quindi è così?

“Gentile lettore,
innanzitutto, come da Lei ben preannunciato, la prima cosa da fare era andare ad esaminare il regolamento condominiale del Vostro Stabile.
Laddove, come riferisce essere nel Suo caso, il regolamento condominiale niente preveda in merito, la normativa cui riferirsi è quella del Codice Civile.

L’Art. 1102 Codice Civile Uso Della Cosa Comune prevede che:

  1. “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
  2. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”

Quindi prevede la possibilità per il singolo condomino di un uso “più intenso” delle parti comuni, purché questo non impedisca ad altri lo stesso uso delle medesime parti in comune.

Nel caso in cui il Regolamento di condominio non vieti quindi espressamente l’installazione di manufatti, motori di condizionamento, macchine esterne di pompe di calore o simili, l’autorizzazione dell’Assemblea dei condomini occorrerebbe solo laddove tali installazioni possano pregiudicare la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico dell’edificio.

Il condomino che intenda installare un condizionatore sulla proprietà condominiale (i “motori”) dovrà rispettare la garanzia al pari uso della cosa comune verso tutti i condomini, la garanzia per la sicurezza e la statica dell’edificio;, e la garanzia del rispetto del decoro architettonico.

La definizione “Pari uso” rappresenta l’astratta possibilità per tutti i condomini di utilizzare il bene comune nel modo che maggiormente li aggrada, fermi restando i limiti qualitativi e quantitativi indicati dall’articolo 1102 del codice civile.

Il decoro architettonico del fabbricatorile va concettualmente per l’estetica dell’edificio, ed è un concetto di derivazione giurisprudenziale, sembra comunque difficile dimostrare che l’installazione della macchina sul tetto comune vada a ledere il decoro architettonico dello stabile, solo il Giudice adito potrebbe deciderlo in caso di controversia promossa dal Condominio.

L’alterazione architettonica e la lesione del decoro per essere contestati dovrebbero essere apprezzabili e condurre ad un constatato pregiudizio economico, che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese.

Per quanto riguarda la stabilità e sicurezza occorrerebbe la valutazione di un Tecnico circa la stessa.

La Cassazione precisa che in tema di condominio, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini.

Inoltre il disposto di cui all’art. 1102 c.c. prevede che il pari godimento della cosa comune è sottoposto a due limiti fondamentali: il divieto di alterarne la destinazione e il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto-

La valutazione preminente da fare è sicuramente inerente alle reali possibilità per gli altri condomini di “farne parimenti uso”, tenendo soprattutto conto del luogo in cui è stato posizionato e se realmente avrebbe potuto esserci “un uso paritetico per gli altri condomini“.

Il Tribunale di Ravenna, in un caso simile, ha ritenendo integrata la violazione della norma che prescrive il pari godimento della cosa comune, perché l’impianto di condizionamento dell’aria installato dai ricorrenti, occupava il 60% in superficie disponibile, e quindi impediva l’installazione di un analogo apparecchio da parte degli altri condomini del piano; in ogni caso sempre la Cassazione ha precisato che la “lesione del diritto al pari uso della cosa comune, non è integrata dalla semplice sottrazione di una porzione di essa alla possibilità di utilizzo da parte dei comunisti”proprio perché la tutela accordata dall’ordinamento concerne il pari utilizzo del bene nella sua interezza, secondo la funzione propria del bene.

Ovviamente non va dimenticata la necessaria autorizzazione del Comune per l’installazione del condizionatore, infatti secondo la Cassazione, i climatizzatori/condizionatori d’aria costituiscono impianti tecnologici e, pertanto, se collocati all’esterno dei fabbricati, rientrano nel novero degli interventi edilizi per la cui realizzazione o installazione, seppure non necessitante del permesso di costruire, occorre tuttavia la segnalazione certificata di inizio di attività (cosiddetta Scia). I condizionatori, quindi, non rientrano tra gli interventi eseguibili senza alcun titolo abilitativo.

In ogni caso, poiché anche la cosiddetta attività edilizia libera deve essere attuata nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, se l’installazione di condizionatore (già soggetta a Scia) avvenisse in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, essa sarebbe da ritenersi ulteriormente condizionata anche al rilascio del nulla-osta da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo; in caso contrario sarebbe commesso un reato, di cui all’art. 181 d.lg. n. 42 del 2004.

Quindi, analizzando il Suo quesito, laddove il diritto di godere parimenti della cosa comune dei suoi condomini sia rispettato, seppur potenzialmente, dal suo intervento, tanto da garantire loro lo stesso diritto di installazione di un analogo impianto, non vedrebbero lesi i loro diritti; ulteriormente non sarebbero lesi i diritti degli altri condomini se fossero totalmente assenti sia i pericoli per la stabilità dell’edificio dovuti a questa installazione che le variazioni apportate inficianti il decoro architettonico dello stabile.

Ritengo in ogni caso che la comunicazione effettuata nei confronti dell’amministratore, data l’installazione in luogo comune a tutti i condomini, sia doverosa“.

Avv. MARIA SERENA PRIMIGALLI PICCHI