Ventiquatresimo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato“, curata dagli avvocati […], Maria Serena PrimigalliMarco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: info@tuttosesto.net.

Gentile Avvocato, mio figlio è caduto in una strada del centro del Comune a causa delle fattezze dell’asfalto e ha riportato una grave slogatura alla caviglia, cosa è possibile fare? Adele
Cara lettrice, la domanda principale che ognuno di noi formula nel momento in cui si verifica una caduta è: “Chi è il responsabile al quale chiedere i danni?”. Infatti da pedone, tra la  componente della disattenzione e la componente manto stradale, può accadere di cadere e farsi anche molto male, dato che le nostre strade sono, come ben sappiamo, disseminate di buche stradali e marciapiedi dissestati.

Secondo l’art. 2051 del Codice Civile, ognuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

Ciò vuol dire che la legge prevede una “presunzione” di responsabilità: il soggetto che ha in custodia la cosa ha l’obbligo di vigilare in modo che essa non arrechi danni ad altri. Quindi le strade ed i marciapiedi sono sotto l’obbligo di tutela da parte dei Comuni che ne sono i diretti responsabili. O almeno dovrebbero.

L’ art. 2051, inoltre, sottolinea che il risarcimento del danno è dovuto solo se il cittadino dimostra di “aver proceduto sempre con la massima attenzione” e, nel caso del pedone, con “scarpe adatte” che non amplifichino il danno. Parafrasando, se noi donne camminiamo coi tacchi, mandando un sms col telefonino, e per disattenzione cadiamo, il danno non è dovuto.
Comunque in ogni caso il responsabile di un infortunio stradale – causato da buche o dissesti stradali – è sempre il Comune, ed è a lui che va quindi indirizzata la richiesta di risarcimento.
Infatti il risarcimento del danno provocato da buche presenti sulla strada è dovuto, a meno che l’incidente non sia stato causato da un caso fortuito: ad esempio un evento improvviso, come un temporale, una frana o fenomeni naturali che possono dissestare la strada e i marciapiedi, sia un comportamento dell’utente che subisce un danno a causa della sua disattenzione o imprudenza.

Più in generale, per caso fortuito si intende un evento imprevedibile o inevitabile, per il quale il Comune responsabile della manutenzione della strada non ha alcuna colpa; inoltre per ottenere il risarcimento l’utente deve anche riuscire a dimostrare il nesso causale esistente tra il danno subito e la presenza della buca.

Più volte la Cassazione è intervenuta in materia di “insidie stradali”, specie quando queste sono costituite da buche.
L’insidia è caratterizzata dalla non visibilità del pericolo e dalla non prevedibilità dello stesso.
E’ una condizione che sussiste nei casi di mancata corrispondenza tra le “reali condizioni “di transitabilità della strada e quelle che “sarebbe ragionevole attendersi”, di modo che neppure l’utente più diligente possa essere in grado di evitare il pericolo.

Dal momento che la situazione di pericolo che può configurare l’insidia deve essere occulta, la giurisprudenza di merito ha ritenuto di escludere la richiesta di risarcimento del danno avanzata dai genitori di una minore caduta dal proprio ciclomotore a causa di una buca, in quanto “le stesse condizioni della strada, costellata di buche e disseminata di cubetti di porfido, avrebbero dovuto indurre la danneggiata a moderare la velocità e assumere un maggiore livello di attenzione alla guida”.

Viceversa, è stata accolta la richiesta di un danneggiato finito con la proprio moto in una buca profonda in orario notturno in un tratto di strada privo di illuminazione.
Più recentemente, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire il principio secondo cui se la situazione di pericolo connessa alla struttura della strada pubblica è suscettibile di essere prevista e superata dall’utente-danneggiato con l’adozione di normali cautele, deve considerarsi rilevante l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nella produzione del danno, “fino a rendere possibile che il comportamento interrompa il nesso tra la condotta omissiva del Comune, ente proprietario della strada, e l’evento dannoso”.
Quindi per esempio, rigettando la richiesta di risarcimento danni presentata dal soggetto caduto a mezzogiorno nella strada in cui abitava, ove si stavano svolgendo dei lavori di rifacimento a lui noti e ben visibili, a causa delle sconnessioni del manto stradale.
Oltretutto se un pedone transita a piedi in una strada talmente dissestata da obbligare i pedoni a procedere in fila indiana, per la Corte di Cassazione, lo stesso avrebbe dovrebbe tenere un comportamento improntato alla massima prudenza idoneo ad evitare un pericolo così altamente prevedibile.

Infatti la Cassazione non ritiene responsabile il Comune se il pedone avrebbe potuto con diligenza evitare l’anomalia presente sul manto stradale, e quindi non ritiene spettante il risarcimento per la caduta in strada se la rottura che presenta l’asfalto è superficiale e “avvistabile, quindi facilmente evitabile”.

Questo per ribadire il concetto che se il danno deriva da una disattenzione del pedone durante la propria camminata, per un comportamento magari “imprudente” e totalmente idoneo ad interrompere il nesso necessario tra comportamento ed evento, il risarcimento non sarà dovuto.

Così è stato l’ultimo orientamento, condivisibile o meno, della Cassazione che ha rigettato la richiesta di risarcimento danni presentata da una donna contro un comune siciliano, per essere caduta causa di una buca su di una strada pubblica.

La motivazione veniva ricercata nel fatto che non esisteva alcun tipo di “insidia” sul luogo del sinistro, dato che sull’asfalto c’era solo una deformazione, ma non vi era alcuna buca, e che il sinistro era avvenuto in orario mattutino con perfette condizioni di visibilità, pertanto la corte ha ritenuto che “la danneggiata fosse perfettamente consapevole, o comunque avrebbe potuto esserlo, adoperando l’ordinaria diligenza, delle condizioni difficoltose di percorrenza del tratto in oggetto, così da ritenere che l’evento dannoso fosse stato determinato in via esclusiva dalla condotta della donna”.

Il dovere generale di ragionevole cautela che viene richiesto al pedone, comporta che quanto più la situazione di possibile danno può essere prevista e superata mediante l’adozione da parte del danneggiato dell’attenzione normalmente attesa in rapporto alle circostanze, tanto più il comportamento “imprudente” dello stesso diviene efficiente nell’evento di danno, e magari ne costituisca la sola causa.

In ogni caso sia il comportamento della vittima del sinistro, sia tutte le circostanze riguardanti la verificazione dell’evento sono riservate esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito.

Pertanto nel suo caso, prima di rivolgere una richiesta danni al Comune, si dovrà porre attenzione sulle condizioni della strada dove suo figlio è caduto, verificare, oltre lo stato, l’esistenza o meno di un’insidia tale da non poter essere in grado di evitarla durante la camminata, e soprattutto considerare se è stata adottata la diligenza di cui tanto si dibatte”.

Avv. MARIA SERENA PRIMIGALLI PICCHI