Ventunesimo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato“, curata dagli avvocati […], Maria Serena PrimigalliMarco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: info@tuttosesto.net.

Gentile Avvocato, la questione che le pongo è estremamente dolorosa. Mia sorella lavora per una azienda di tessile, assunta 2 anni fa, attraverso un contratto di apprendistato di 3 anni. Da qualche mese, dopo aver scoperto di essere incinta del proprio compagno, ha deciso maldestramente di non dire nulla al suo datore di lavoro, e nascondere la gravidanza. Dice di averlo fatto perché l’anno scorso, in una situazione simile, una sua collega era stata invitata ad andarsene, facendo capire il datore di non voler spendere soldi per la maternità. Ha tanta paura di essere licenziata. E’ da sola, senza altro stipendio. Cosa si potrebbe fare nel caso?
“Cara lettrice, la storia che ci racconti è estremamente dolorosa e, allo stesso tempo, molto più frequente di quello che si pensi. Succede spesso, infatti, che il datore di lavoro approfitti della propria “forza” contrattuale per spaventare le donne, che temendo di perdere il posto di lavoro, arrivano a privarsi del ruolo di madre.

Certo è che la nostra legislazione, anche in Costituzione (art.37), riconosce la maternità quale diritto fondamentale e inviolabile della donna, garantito anche e soprattutto nella disciplina del rapporto di lavoro.

Infatti i lavoratori sono legittimati ad assentarsi dal lavoro usufruendo dei congedi e d ei permessi disciplinati dal legislatore, I tratta di ipotesi di previsione legale in cui si consente per brevi periodi la sospensione dal lavoro, garantendo però la conservazione del posto di lavoro e la retribuzione. Alle donne devono essere assicurate condizioni di lavoro che garantiscano una adeguata protezione al bambino e alla lavoratrice in quanto madre. In sostanza, anche in Costituzione, si prevede una tutela paritaria e specializzata, della madre..

Il D.Lgs n.151/2001 (Testo Unico per la tutela ed il sostegno della maternità e della paternità ha riconosciuto anche al padre lavoratore la possibilità di fruire delle forme di tutela previste dalla legge per le lavoratrici madri, favorendo, dunque, anche grazie ad una più equa ripartizione dei carichi familiari, pari possibilità di carrire tra lavoratori e lavoratrici. Allo stesso tempo, il Jobs Act, è intervenuto in materia, apportnado sostanziali positive novità nella materia.

Le disposizioni contenute all’interno del T.U. disciplinano i congedi, i riposi e i permessi connessi alla maternità e paternità dei figli. Destinatari di questi benifeci sono tutti i lavoratori subordinati, compresi quelli con contratto di lavoro speciale e, indipendentemente dalla loro natura, pubblica o privata. All’art.16 viene disciplinato il perido di astensione obbligatoria dal lavoro, in cui è fatto divieto assoluto di adibire al lalvoro le donne.

E’ di regola pari a 5 mesi e va dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto ai 3 mesi successivi al parto. Per tutto il periodo del congedo di maternità, spetta alle lavoratrici un’indennità giornaliera, erogata dall’INPS, pari all’80% della retribuzione.

Ma il nostro ordinamento, fortunatamente, non tutela la maternità solo da un punto di vista del congedo parentale, ma anche in tema di licenziamenti in costanza di maternità.

Infatti L’azienda non può assolutamente intimare il licenziamento:

1)   alla lavoratrice madre dall’inizio della gravidanza e sino al compimento di un anno di età del bambino. L’inizio della gestazione si presume avvenuto 300 giorni prima della data presunta del parto indicata nel certificato di gravidanza;

2)   al padre lavoratore che fruisce del congedo di paternità, per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino;

Le conseguenze del licenziamento sono estremamente favorevoli nei confronti del lavoratore: infatti, il licenziamento durante il periodo protetto è nulloe obbliga l’azienda alla reintegra sul posto di lavoro e al pagamento delle mensilità arretrate”.

La cessazione del rapporto di lavoro è possibile in presenza di avvenimenti eccezionali che non sono affatto connessi allo stato di maternità imminente. Spetta però al datore di lavoro fornire per iscritto giustificati motivi di licenziamento

La Direttiva UE n. 92/85 prevede una tutela delle lavoratrici madri. La più importante consiste nel divieto di licenziamento: lo scopo della norma è infatti tutelare la sicurezza e la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere ed in allattamento, evitare i rischi per il loro stato psico-fisico e, in primis, che possano scegliere l’aborto per mantenere il loro posto. Tale garanzia non può essere sostituita dal risarcimento, anche nell’ipotesi in cui sfociasse nella reintegrazione della lavoratrice licenziata e nel versamento delle retribuzioni non percepite a causa del licenziamento“.

Avv. MARCO BALDINOTTI