Ventitreesimo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato“, curata dagli avvocati […], Maria Serena PrimigalliMarco Baldinotti.

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Il cosiddetto decreto legge dignità precisa che ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso si applicano da subito le nuove regole, non appena il decreto sarà pubblicato e produrrà i sui effetti”.

Il primo atto del governo riguarda il mondo del lavoro: il Ministro Di Maio ha deciso di presentare una serie di elementi, che incidono tanto sul mondo del lavoro. La principale è senza dubbio quella che riguarda l’ennesima modifica del contratto a tempo determinato.

Ne parliamo oggi con l’Avv. Marco Baldinotti, esperto di diritto del lavoro, il quale ci aiuterà a comprendere meglio il funzionamento di questo decreto.

Prima domanda: quale è la portata di questa norma?
Difficile dire da subito come cambieranno le cose, per imprese e per i lavoratori. Sicuramente, da un punto di vista oggettivo, si tratta di un balzo indietro, visto che le causali erano scomparse dai contratti a tempo determinato, grazie al Jobs Act“.

Come funzionerà in sostanza il nuovo contratto a termine?
Sarà molto simile a quello in vigore dal 2012 al 2015. In sostanza vengono reintrodotte le causali per l’apposizione del termine. Esse riguardano: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze sostitutive di altri lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. Insomma, un bel rompicapo.  Con esse viene anche ridotto il limite massimo di durata, da 36 a 24 mesi, e il numero massimo di rinnovi, che passa da 5 a 4“.

Perché secondo il Governo questa modifica comporterebbe un miglioramento delle condizioni dei lavoratori?
Il Governo parte da un presupposto completamente diverso da quello da cui partivano le precedenti riforme, quella Fornero e Renzi. Ritiene che rendendo meno vantaggioso per l’impresa assumere con contratto a tempo determinato, probabilmente questa deciderà di assumere a tempo indeterminato. Ma ciò non è detto, anzi. Il rischio è quello opposto. Al secondo rinnovo l’impresa potrebbe decidere, soprattutto per i lavori a “bassa professionalità” di non assumere a tempo indeterminato lo stesso lavoratore, ma di lasciarlo a casa e ricominciare da capo con uno nuovo“.

Quindi vede pochi vantaggi per tutti, senza contare l’andamento schizofrenico del legislatore.
Esattamente: basti pensare che dal 1962 e il 2015 si registrano una ventina di interventi all’incirca, il che non ha giocato certamente a favore della certezza dei rapporti giuridici. Per noi avvocati ma soprattutto per i consulenti aziendali e le imprese sarà un problema districarsi fra tutti questi vincoli, visto e considerato che la nuova norma si applicherà anche ai contratti in essere“.

Molti operatori, i rappresentanti di categoria delle imprese, ma anche quelle dei lavoratori nutro dubbi sull’aumento delle cause in Tribunale. Cosa ne pensa?”
Qua la questione si fa estremamente spinosa. Partiamo da un dato oggettivo, l’aumento della cause in Tribunale. La semplificazione normativa effettuata con il Jobs Act aveva sortito il suo effetto. Si era passati dalle 8.109 cause nel 2012 a sole 490 nel primo semestre 2017. Il rischio è che si torni a questi numeri enormi: un “bene” per noi avvocati, ma non certo quello di cui avevano bisogno imprese e lavoratori“.

Facciamo un esempio pratico: cosa accadrà a quei lavoratori che si vedranno sottoporre un contratto a termine?
Tutto dipenderà dalla durata inziale del primo contratto: se già avrà raggiunto la durata massima di 24 mesi, il lavoratore non potrà essere riassunto. Se il contratto avrà unna durata compresa tra le 12 e le 24 mensilità, l’eventuale proroga o rinnovo del contratto saranno possibili solo a patto che il datore di lavoro sia in grado di motivare la prosecuzione del rapporto con una delle nuove causali del decreto. Da 1 mese a 12 mesi, invece, il contratto non prevedere l’inserimento di causali.

Pertanto assisteremo ad un continuo turn over dei lavoratori, che saranno cambiati e sostituiti con altri, ogni 12 mesi. Il continuo cambio di regole del mercato del lavoro non basta, l’occupazione è generata dalla crescita. Quello che sarebbe servito sarebbe stato una diminuzione del cuneo fiscale, che renderebbe più vantaggiose le assunzioni a tempo indeterminato per le imprese, garantendo più soldi in busta paga ai lavoratori“.